Tuttosport – “Agnelli viveva lì tutti i giorni, alla Juve non ha senso giocare se non vinci. Adesso al club manca…”
2025-12-23 13:04:00 Calciomercato, dalla redazione piemontese di Tuttosport:
A tutto Paolo De Ceglie. Una lunga intervista al canale YouTube “Centrocampo” in cui ripercorre tutta la sua carriera, con focus sugli anni vissuti alla in bianconero. La Juventus fin da piccolo, i big nello spogliatoio, i ricordi, i rapporti con i compagni di squadra e gli allenatori (leggasi Antonio Conte e Massimiliano Allegri), ma anche i momenti di difficoltà. Senza trascurare retroscena e curiosità, fino a parlare della sua esperienza dopo la carriera da calciatore, lavorando nel settore giovanile e dando la sua visione su cosa non va nel sistema calcio ad oggi.
A tutto De Ceglie
“La mia storia col calcio parte presto come tutti i bambini. Una passione di famiglia, condivisa con mio papà, I miei cugini e si inizia a giocare presto all’età di 6-7 anni in una società calcistica di Aosta, dove sono nato. E poi è nato il mio legame con la Juve, molto presto poi all’età di 9 anni dopo la solita serie di provini sono stato selezionato e ho firmato” – ha raccontato De Ceglie. Sulle difficoltà iniziali e sull’impegno richiesto: “Ma sai, innanzitutto c’è da dire una cosa che io venendo da Aosta, dovevo andare fino a Torino per giocare, quindi il pensiero era anche un po’ l’impegno sia da parte della mia famiglia e anche da parte mia, perché comunque farsi 3 ore di macchina al giorno, non tutti i giorni ovviamente quando ero piccolo, era un impegno grosso. Dall’altra parte l’impegno è superato quando c’è di mezzo la passione per il calcio. Io mi sono innamorato del pallone, del calcio, di questo gioco fin da piccolo e quindi giocare per me o comunque far calcio è sempre stata ed è ancora oggi la cosa più bella che posso fare”.
I sacrifici e i valori
Sui sacrifici poi ha precisato: “In realtà è stato più da parte dei miei genitori che da parte mia, perché io fondamentalmente andavo a fare la cosa che più mi piaceva e lo potevo fare con la squadra che tifavo e comunque potevo sognare un po’ più da vicino. Bisogna essere fortunati ad avere i genitori soprattutto che ti fanno vivere l’esperienza nel modo giusto. Per loro non era “mio figlio farà il calciatore”, ma era “fa un’esperienza unica che sicuramente lo arricchisce nella vita”. Sui valori trasmessi dal settore giovanile: “La Juve già da piccolo ti permette magari di fare esperienze in giro, di girare, di affrontare quindi anche difficoltà ed esperienze che sono importanti nella vita”.
Sul modo in cui ha vissuto il calcio da bambino: “Nonostante mio padre abbia sempre fatto calcio, a livello dilettante, mi ha fatto vivere il calcio veramente senza pressione, ma come un’esperienza bella da poter fare”. Il sogno, però, diventa obiettivo solo col tempo. “Sono cresciuto con questo pensiero, con un sogno che poi pian piano è diventato un obiettivo all’età di 17-18 anni”. Nel mezzo, c’è anche l’allontanamento da casa. “A 14 anni mi sono trasferito a Torino nel convitto. L’ho condiviso con tanti compagni, con tanti ragazzi che poi per la maggior parte dei casi non hanno fatto i calciatori e ogni tanto li ho contattati, li ho sentiti. A tutti il calcio poi ha lasciato qualcosa nella vita. Quindi anche questi ragazzi che non hanno giocato sicuramente si sono realizzati in altro modo, sfruttando il grande percorso e l’esperienza fatta”.
