Il governo italiano vuole cambiare la distribuzione dei diritti televisivi

2025-06-17 20:02:00 Giorni caldissimi per il calcio italiano!
Il governo italiano solleva soluzioni acute per migliorare la salute del loro calcio. Il Consiglio dei ministri sta prendendo in considerazione l’abrogazione del noto come “Melandri Law” che regola la vendita e la distribuzione del reddito dai diritti audiovisivi nel calcio italiano A Serie A, che è in vigore dal 2009. Con questa misura intendono ridisegnare la gestione della televisione sportiva, in particolare il modello di vendita di diritti audiovisivi e tutte le questioni relative alla distribuzione del calcio. È un nuovo tentativo di rivitalizzare un calcio italiano che languisce e che accumula perdite congiunte di 3,4 miliardi di euro dalla stagione 2018/19. Non lo avranno facili perché i club di un club non vedono bene quella proposta di cambiamento.
1,1 miliardi all’anno
Sky e Dazn pagano 900 milioni di anni per stagione per i diritti audiovisivi per l’Italia, come concordato nel giugno 2024 firmando un contratto che è stato firmato per la prima volta per cinque stagioni fino a giugno 2029. I diritti internazionali coinvolgono altri 200 milioni. Con quei 1.100 milioni per stagione, la serie A è il quarto dei cinque principali campionati nella classifica dello sfruttamento dei suoi diritti audiovisivi, dietro il Premier (accuse per i suoi diritti 3.224 milioni per stagione), Laliga (2.029 milioni) e Bundesliga (1.439). La Ligue 1 francese raccoglie 740 milioni. L’obiettivo dei manager della serie A quando hanno iniziato a negoziare con gli operatori più di un anno è stato quello di raggiungere 1,2 miliardi all’anno per i diritti audiovisivi nazionali, ma alla fine hanno dovuto accontentarsi di un importo notevolmente più basso, un terzo in meno.
Un cast più equo
Ora il governo di Meloni vuole aumentare l’importo distribuito equamente tra i club. Con la “Legge Melandri”, l’attuale cast è configurato come segue: il 50% è distribuito in parti uguali tra tutte le squadre, il 28% si basa sui risultati sportivi e il 22% si basa su ciò che chiamano radici sociali. La ripartizione di quel 28% per i risultati ottenuti si attesta a quattro criteri: l’11,2% in base alla classificazione dell’ultima lega, al 9,33% secondo le posizioni negli ultimi cinque campionati, il 4,67% basato sui risultati nella classificazione storica e il 2,8% secondo i punti ottenuti nell’ultima lega. Per quanto riguarda il 22% del cast secondo le radici sociali, i criteri sono questi: il 12,54% per il numero di spettatori che frequentano lo stadio, l’8,36% dal pubblico televisivo e l’1,10% a seconda dei verbali giocati nel campionato da giocatori tra 15 e 23 anni addestrati nelle categorie italiane inferiori.
Tre a cinque anni
Se il nuovo progetto governativo è in corso, la regola che proibisce di monopolare i contratti, con i quali i contratti di meno di tre anni potrebbero essere venduti a un singolo acquirente potrebbe essere sostituita in modo definitivo. In coloro che superano il triennio, avrebbero dovuto essere precedentemente approvati dall’autorità di regolamentazione delle comunicazioni, che governerebbe la libera concorrenza e il suo impatto sui mercati europei. L’obiettivo di questa misura è che l’estensione del termine dei contratti televisivi di oltre tre anni consente di attirare maggiori investimenti al calcio e fornire più valore per tali diritti. Nell’ultima negoziazione nell’estate del 2024, fu già dato in parte e caricato fino a cinque anni per raggiungere migliori condizioni economiche nei negoziati con Sky e Dazn.
I club si oppongono
Fonti di Serie A hanno espresso il loro “stupore per la conoscenza di una riforma del sistema di vendita dei diritti audiovisivi che ci colpisce” attraverso la stampa. In questo modo, la sua posizione in questo disegno di legge che non è stata consultata con la Lega è una chiara opposizione. Dalla serie A ricorda che “contribuiamo già al supporto delle categorie inferiori con il 10% dei diritti audiovisivi”. D’altra parte, il governo italiano ha anche trasferito la sua intenzione di promuovere la costruzione di nuove strutture e modernizzare quelli attuali negli stadi italiani. Dietro la crisi economica del calcio Transalpino uno dei fattori è la piccola generazione di reddito che i club fanno perché i loro outmedie sono un ostacolo per ottenere un migliore sfruttamento delle loro risorse.
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