“Spalletti è venuto a tirarmi fuori, ma la Roma mi ha deluso ancora di più. E quel pugno a Colonnese…”
2025-10-17 10:53:00 Non si sprecano commenti e polemiche in questi minuti sui social a proposito dell’ultima news riguardante la Serie A:
Francesco Totti parla senza filtri. L’eterno capitano della Roma, simbolo di una città e di una maglia, si è spogliato emotivamente durante una chiacchierata con il vecchio amico Luca Toni nel format Primo Sport. Lì, l’idolo giallorosso ha ripercorso alcuni degli episodi più intensi della sua carriera: la fedeltà incrollabile al club, le ferite aperte con Spalletti e il tabellone, l’addio al calcio e anche i momenti di furia che hanno segnato la sua leggenda.
“Spalletti è venuto a tirarmi fuori dalla Roma, ma la società ha fatto più male a me che a lui”, ha confessato Totti con quel misto di serenità e delusione che arriva con il passare del tempo. “Ho avuto molti problemi con lui. Era uno Spalletti molto diverso da quello del 2005. Sapevo che un giorno avrei dovuto lasciarlo, ma mi sentivo bene, nelle gambe e nella testa. Eppure sono stati loro a tornare a casa a dirmi che il prossimo sarebbe stato il mio ultimo derby. Mi sono sentito spiazzato. Avrei giocato gratis nella Roma. “Era fastidioso, forse è per questo che volevano che andassi via.”
Il Linares Deportivo si ispira a Totti per lanciare la sua ultima campagna: “Se tifi i grandi…”
Quel finale, ha detto, è stato devastante. “Quando ho smesso di giocare mi sono sentito senza terra sotto i piedi. Per tre settimane ho pianto tutti i giorni. Mi sono chiuso in bagno per leggere la mia lettera di addio e ho pianto ancora. Ho pensato a come erano passati quei 25 anni. È stato come un taglio tra madre e figlio”.
Francesco Totti si traveste da romano per promuovere il Gladiatore II
La sua storia con il club era iniziata molto prima, con un amore infantile che nemmeno i soldi del Milan potevano spezzare. “Quando avevo 12 anni Braida tornò a casa e mi offrì 160 milioni di lire per portarmi a Milano. Mia madre rifiutò: voleva proteggermi e farmi restare a Roma. Era sempre Roma o Roma. Qui sono nato e qui morirò”, ricorda.
Sui suoi idoli giovanili, Totti non ha dubbi: “Giannini era un dio. E Mazzone è stato il mio secondo padre, mi ha cambiato la carriera”. Prima dell’addio aveva avuto offerte anche dagli Stati Uniti o dal Torino di Mihajlovic. “Ma non avrei mai indossato un’altra maglia. La mia storia è stata questa. Quello che ho fatto con la mia gente e con la mia squadra sarà difficile da ripetere”.
L’ex capitano ha parlato anche dei momenti più controversi della sua carriera. Resta vivido nella memoria il suo famoso calcione a Balotelli nella finale di Coppa tra Roma e Inter: “Ce l’avevo dentro da tanto tempo. Era giovane, un fenomeno, ma arrogante e presuntuoso. Quel giorno pensavo solo a mandarlo in tribuna se ne avessi avuto la possibilità. Poi gli ho chiesto perdono e l’abbiamo presa con umorismo”.
Francesco Totti si traveste da romano per promuovere il Gladiatore II
Più viscerale è stato un altro episodio: “Il pugno a Colonnese è arrivato perché mi aveva detto che Cristian non era mio figlio. Ho perso la testa”. Ma il gesto che più lo imbarazza è avvenuto con la Danimarca a Euro 2004. “Ancora oggi non capisco come ho potuto sputare su Poulsen. Mi vergogno. È un atto poco dignitoso, qualcosa che non avrei mai accettato di subire da giocatore”.
Molti messaggi chiari
Tra tanta durezza, c’era spazio anche per la nostalgia e l’orgoglio. “Non ho vinto uno scudetto, ho vinto lo scudetto con la mia maglia, perché la maglia della Roma è disegnata su di me. Vincere il Mondiale è stato incredibile, ma vincere lo scudetto con la Roma è un gradino sopra. Era il sogno più grande della mia vita”.
Riguardo al presente del club, Totti ha rilasciato un’ultima riflessione carica di malinconia: “Ranieri è l’unico che può spiegare ai giocatori cosa significa questa maglia, ma da quando è tornato non gli ho più parlato. Gasperini? Sono sicuro che mi avrebbe capito. E adesso? Beh… chissà”.
A venticinque anni dal suo esordio, Francesco Totti resta molto più di un calciatore. È lo specchio in cui Roma cerca ancora di riconoscersi: fiera, appassionata, ferita, eterna.
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