Tuttosport – “David e Openda non sono attaccanti, Koopmeiners è infortunato? Sembra la Juve di Motta”
2025-10-07 10:19:00 Non lascia di certo indifferenti l’ultima news di TS:
TORINO – Il mugugno della piazza, la sensazione di insoddisfazione, la certezza di dover fare meglio. E la Juve, che resta la Juve, che fatica però a fare la Juve. Soprattutto perché non vince, a prescindere da quanto e come riesca a convincere. Franco Causio ha vissuto 446 partite con quella maglia: ne conosce il peso, ne trasmette la storia. E a qualche ora di distanza dalla sfida anonima con il Milan, è ancora perplesso: “Come andiamo? Io sarei stato meglio se non avessi visto la partita ieri sera…”. Il sorriso è amaro, la battuta è giusta. E la sensazione è generale: serve altro per restare fedeli ai propri obiettivi, specialmente a quelli che lo stemma impone.
Franco Causio, che sensazioni ha avuto subito dopo la partita? “Che bisogna cambiare. Purtroppo ciò che mi ha lasciato la gara non ha molti aspetti positivi. Serve fare qualcosa di più, e presto”.
Ma ha trovato una spiegazione a tutti questi pareggi? “Beh, non c’è chi ti fa gol davanti”.
Dunque mancano le reti, fondamentalmente. “Non solo: bisogna costruire il gioco. Fare di più. Verticalizzare”.
E adesso ci sono gli uomini per farlo? “No, non c’è chi ti cambia la partita. O almeno non come una volta. Ricordo Vidal e Marchisio nelle squadre allenate da Conte e Allegri, erano incastrati in quel centrocampo insieme a Pirlo, uno che non ha bisogno di presentazioni. Ma quella Juventus aveva inoltre giocatori formidabili, di carattere. Pogba, per esempio. Tevez era simbolico”.
E ora invece fa fatica a impostare il gioco. “Adesso questi giocatori non ci sono. In pochi sono all’altezza della Juventus. Per questo bisogna ricostruire tutto, e ci vuole tempo”.
Il grande dubbio, emerso pure tra i tifosi: la Juve, per lei, è quella dell’altra sera o c’è dell’altro? “Pareggite o meno, se la Juventus è quella squadra lì, allora deve capire che serve di più. A partire da un gioco più verticale”.
Dall’allenatore alla squadra: manca coraggio? “No, per me non è una questione di coraggio. Si tratta di responsabilità. Di come un giocatore arriva successivamente a scendere in campo. Di cosa succede durante l’allenamento: non ho alcun dubbio sul fatto che i ragazzi diano il massimo, sono sicuro che seguano Tudor. Poi però qualcosa non quadra”.
